Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna da un paio di secoli il giornalismo si distingue come cane da guardia (watchdog) dell’interesse pubblico, in Italia tende a rappresentare gli interessi di gruppi di potere, politici o economici, di cui amplifica i messaggi (lapdog, traducibile come “cane da salotto” e “lecchino”).
Se nella tradizione americana il giornalismo rappresenta un contropotere a servizio del pubblico, in Italia è sostanzialmente uno strumento di propaganda, una sorta di esercito “privato” in dotazione al Signore di turno.
Nonostante la crisi, negli Stati Uniti, l’informazione è ancora un business e il mercato premia indipendenza e aggressività.
I grandi gruppi editoriali hanno a cuore la riconquista della fiducia dei lettori, consapevoli che ciò presuppone un giornalismo più trasparente e negli Stati Uniti alcuni importanti quotidiani, tra questi il New York Times, si stanno muovendo in questa direzione. Dallo scorso giugno il NYT ha introdotto in maniera permanente, dopo un periodo di sperimentazione, dei “sottotitoli migliorati” per fornire ai lettori informazioni maggiori sul modo in cui un articolo è stato realizzato.
Il corso intende sviluppare queste macroaree attraverso la comparazione di due modi completamente diversi di fare informazione, a partire dalla concezione di diritto all’informazione dei cittadini, che negli Stati Uniti, a differenza che in Italia non è un diritto puramente teorico. Tale diritto è sancito dal Freedom of Information Act, basato sul principio che i cittadini devono poter conoscere non solo le decisioni delle amministrazioni, ma anche i documenti in base ai quali vengono prese. Solo in questo modo potranno intervenire nel momento della formazione delle decisioni e non già solo a posteriori. Saranno affrontate alcune delle principali teorie sulla manipolazione mediatica e forniti strumenti per la valutazione della credibilità dell’informazione. Infine, uno sguardo al futuro. Verso dove va l’informazione del futuro?
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