Stai male? “Dovresti lavorare su te stesso”.
Stai soffrendo? “È perché non sei centrato”.
Non trovi un senso alla tua esistenza? “È perché vivi immerso nella materialità”.
Litighi col tuo partner? “È per via del tuo karma negativo”.
Da un po’ di tempo a questa parte mi imbatto in dialoghi del genere quasi quotidianamente, soprattutto in ambienti cosiddetti “spirituali”. A fare impressione non è tanto il gergo, col quale si finisce per familiarizzare, ma il piglio da maestro asceso con cui alcuni “consigli” vengono dispensati. Tanto che si finisce per familiarizzare anche con quello tanto è diffuso. Ma la cosa che mi preme di più è capire perché è così diffuso? Perché a qualcuno basta leggere un libro di Osho per convincersi di avere compreso l’essenza dell’Amore o uno di Ramtha per ritenere di avere penetrato i segreti dell’Universo? Perché il giorno prima a stento si è consapevoli di possedere un’anima e il giorno dopo si pretende di riuscire a gestire quella altrui? Cosa scatta? A mio parere nulla di nuovo. Non si sperimenta nessun meccanismo inedito in realtà. Si tratta del solito trasformismo dell’ego, che semplicemente è arrivato a livelli di sofisticazione tali da potersi permettere un abito nuovo, quello spirituale. Più lucente e fascinoso, ma pur sempre un abito. L’ennesimo. Forse il più insidioso. Forse è semplicemente il karma degli occidentali.
